Diversi studi hanno ormai dimostrato l’impatto totalizzante che la malattia oncologica ha sulla qualità di vita anche di coloro che assistono i pazienti: i caregiver, coloro che si prendono cura del paziente durante l’iter terapeutico, dalla gestione della malattia e l’assistenza quotidiana, e le questioni pratiche e logistiche che questa comporta, alla gestione delle relazioni, familiari e sociali, alla comunicazione con il personale assistenziale, al supporto emotivo del proprio assistito.
Ma quali sono le ripercussioni a livello emotivo, psicologico e relazionale del caregiver e di quali strumenti dispone?
Senso di colpa e impotenza, senso di inefficacia personale, rabbia e frustrazione, paura.
Sono solo alcune di quelle emozioni, così intense ed imprevedibili, da cui può sentirsi sopraffatto il caregiver di un paziente oncologico, colui che ha deciso di supportarlo in questa delicata ed inaspettata fase della vita.
Il caregiver, insieme al paziente, ha deciso di affrontare la sfida: affrontare quel “cancro” che è arrivato, un giorno come tanti altri, senza alcun preavviso nelle loro vite.
Sin dalla prima comunicazione della diagnosi di “cancro”, di qualsiasi entità si tratti, sono tante le decisioni, sanitarie e non, che il caregiver si ritrova a dover prendere nel corso dell’intero processo di cura del paziente oncologico.
Le scelte sul luogo di cura, sull’intervento chirurgico, sui trattamenti e sulle terapie farmacologiche,sulla necessità di una eventuale assistenza domiciliare e di eventuali cure palliative.
Dove la decisione iniziale si era rivelata naturale e pragmaticamente giusta, perché dettata dalla vita, le sue conseguenze ad un certo punto si sono rivelate sfuggenti, del tutto fuori il controllo.
Il caregiving nella malattia oncologica rappresenta un’esperienza faticosa e destabilizzante: il caregiver inizia ad esperire rabbia, stanchezza, senso di colpa e di inadeguatezza per ciò che sta affrontando. E a livello psicofisico tutto questo può tradursi in sintomi depressivi, problematiche d'ansia, difficoltà nel ciclo sonno-veglia, stress cronico, isolamento sociale.
Il caregiver, colui che ha scelto di prendersi cura del paziente, come atto di amore, non può concedersi di dar voce al suo mondo emotivo, deve metterlo a tacere per poter andare avanti e poter stare accanto alla persona che soffre, nel modo più giusto ed impeccabile, stando attento a non far trapelare nulla agli occhi del suo mondo.
Tutto ciò non lo aveva previsto, ma fermo e deciso, e forte nella sua armatura da fedele cavaliere è ormai disposto a tutto pur di vincere la battaglia.
Prendersi cura di una persona malata può voler significare diverse cose. Significa doversi adattare continuamente ai suoi bisogni e alle sue necessità, che sono funzione dell’evoluzione della malattia oncologica. Significa anche collaborare proattivamente con il personale sanitario ed assistenziale fornendo quelle informazioni necessarie che solo chi assiste 24 ore su 24 il paziente può dare (alimentazione, bilancio idrico, stato veglia-sonno del paziente, efficacia della terapia antalgica) divenendo in questo modo parte integrante dell’equipe di cura. Significa informarsi, continuamente, quotidianamente, sulla malattia e su tutte le sue sfaccettature cliniche. Significa restare vicino alla persona che soffre senza farsi travolgere dal suo distress emotivo, spesso causa di specifiche problematiche psicologiche, quali conclamati disturbi d’ansia e dell’umore, che richiedono specifica assistenza.
Prendersi cura di una persona malata significa allora doversi anche fermare e riappropriarsi di sé stessi.
Diventa allora necessario uno spazio dedicato al recupero del proprio benessere psichico, fisico ed emotivo.
Esiste un momento quindi in cui nasce la consapevolezza che la battaglia possa diventare lunga e faticosa e c’è la necessità di ritrovare le giuste forze prima di compiere un altro passo. Il caregiver deve sapere di potersi fermare per poter continuare la sua battaglia.
Interventi di assistenza e sostegno psicologico e di gestione del distress emotivo, rappresentano uno strumento a cui il caregiver può e deve ricorrere nelle diverse fasi del complesso processo di cura del suo assistito.
Chiedere aiuto ad un professionista della salute mentale rappresenta allora un’opportunità per riappropriarsi di uno spazio oltre la malattia:
- un luogo sicuro nel quale potersi fidare ed affidare sé stessi, le proprie paure e i propri stati d’animo incomunicabili;
- un tempo al di là del tempo per ri-scoprire e ri-attivare le proprie capacità di resilienza, quelle risorse e competenze necessarie per affrontare le situazioni di crisie per “sostenere” chi si ha accanto;
- una relazione terapeutica che aiuti a dare senso e significato alla malattia.
Solo promuovendo il benessere psichico, fisico ed emotivo del caregiver, questi potrà nuovamente donare la migliore assistenza possibile al paziente e affrontare insieme a lui una battaglia a favore della vita.
Prendersi cura di una persona malata significa quindi prendersi cura anche di sé stessi.
Dr.ssa Giulia Prinzi
Fonti:
- Dionne-Odom JN, Ejem D, Wells R, Barnato AE, Taylor RA, Rocque GB, et al. (2019) How family caregivers of persons with advanced cancer assist with upstream healthcare decision making: A qualitative study. PLoS ONE 14(3): e0212967.
- https://www.airc.it/news/prendersi-cura-di-chi-deve-curare
- https://www.aimac.it